Dalla nostra inviata
Maddalena ColloCiak, si cambia: in scena le lotte africane per i diritti
Dolore, coraggio e speranza. Sono queste le emozioni che si provano vedendo i tre cotrtometraggi africani della rassegna ″Why democracy?″ (perché democrazia?), andati in scena al cinema Massimo ieri sera. Un intenso momento di riflessione sulle lotte per i diritti politici dell’Africa contemporanea.
La prima pellicola è “Coming of age” (l’arrivo dell’età), un cortometraggio della kenyota Judy Kibinge, che racconta la storia travagliata del suo paese. Il punto di vista è quello di una ragazza che cresce con la sua Nazione. Si rivive la gioia dell’indipendenza del Kenya, ottenuta nel 1964 con il presidente Jomo Kenyatta; lo smarrimento e il dolore seguiti alla dittatura del successore, Daniel arap Moi, finita nel 2002; infine la speranza e la gioia legati alla nuova presidenza di Mwai Kibaki, anche se i dubbi sulla piena realizzazione dei principi democratici restano aperti.
Il secondo cortometraggio s’intitola “Don’t shoot” (non colpire), una pellicola di Lucilla Blakenderg. Ė una lunga intervista al presentatore più famoso della tv del Sudafrica, l’afrikaaner (discendente dei coloni belgi e olandesi) Riaan Cruywagen. L’anchorman racconta il passaggio dall’apartheid, la segregazione tra bianchi e neri, alla democrazia aperta a tutti, iniziata negli anni Novanta. Un cambiamento che non gli ha impedito di restare alla guida del più popolare telegiornale, e di mantenere la fama di ″faccia della notizia″. Un cammino vissuto apparentemente con distacco, ma che gli ha permesso di accettare come suoi concittadini e colleghi persone che fino a pochi anni prima non godevano dei diritti politici e civili.
L’ultima pellicola, ″We are watching you″ (ti stiamo guardando) è la più emozionante, perché girata nel 2007 si rivela profetica sulla forza di un popolo nella conquista dei diritti. Al centro della pellicola egiziana, diretta da Jehane Noujam e Sherief Elkatsha, c’é la lotta per la democrazia nell’Egitto di Mubarak, guidata dal movimento Shayffen a partire dal 2005. Si tratta di un gruppo di donne che partecipa alle prime elezioni multipartitiche dell’Egitto, e si rende conto che esse sono pilotate dal presidente con brogli ed abusi. Da lì inizia una battaglia legale che passa attraverso una denuncia all’ordine dei magistrati. Due di loro, Mekki e Bastawissi, si interessano della vicenda; perseguiti dalla polizia, trovano l’appoggio della popolazione e del movimento Shayffen, e lo Stato rinuncia a colpirli. Da quel momento in poi le donne del movimento conducono una campagna continua di informazione sull’Egitto e per l’Egitto, che trova l’attenzione dello stesso presidente americano. Il film si chiude con la speranza di un Egitto migliore. Il resto è la storia attuale del nordafrica, dove una serie di dittatori che si credevano onnipotenti, è stata cacciata dai loro popoli. Un segno di speranza per il futuro della democrazia nel pianeta.
a cura di Francesco Riccardini, Master in giornalismo di Torino
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