Ecco “la cultura davanti al potere”
Quattro professori universitari parlano di potere, politica e diritto, e riescono a coinvolgere e interessare un pubblico numeroso, in larga parte composto da giovani. E’ quanto è accaduto alla Cavallerizza Reale, nell’ambito dell’incontro-dialogo “La cultura davanti al potere. Estremisti, moderati ed eretici”.
Nella prima parte dell’evento, sottotitolata con l’espressione “I modi e i luoghi del potere”, Francesco Tuccari – professore di storia delle dottrine politiche all’università di Torino – ha spiegato il pensiero di Robert Michels, autore tedesco del primo novecento e uno dei principali teorici del ruolo predominante delle oligarchie nei sistemi politici del secolo scorso. Tuccari ha presentato l’evoluzione delle teorie di Michels che, passando per la tesi della irrealizzabilità dei principi democratici e della sostanziale incompetenza delle masse relativamente alle decisioni pubbliche, è giunto a condividere il sistema politico fascista di Mussolini. A seguire Simona Forti, che insegna all’Università del Piemonte Orientale, ha analizzato la concezione del potere elaborata da Michel Focault, il padre della microfisica del potere e della biopolitica. “L’autore francese ci ha insegnato a dislocare il potere, a cercarlo nell’intera gamma delle relazione umane. E ci ha insegnato a considerarlo come un’energia creatrice, non solo repressiva. Un’energia che crea delle specifiche verità” .
La seconda parte dell’incontro, condensata nell’espressione “l’eccezione e la regola”, ha visto Alessandro Campi – docente dell’università di Perugia e ideologo della fondazione “Farefuturo” – e Mario Dogliani – che insegna Diritto Costituzionale a Torino – analizzare il senso dell’opera di Carl Schmitt e Hans Kelsen. Il primo, l’eccezione, è un autore diventato di culto negli anni ’70, un intellettuale- giurista che per anni ha aderito al regime nazista. Il secondo, la regola, “noto ai più come arido teorico del diritto” – secondo Dogliani -, incentra la propria teoria su “un intento demistificatorio nei confronti dello Stato”. Per Kelsen gli ordinamenti politici sono impuri; il diritto è solo una tecnica, di per sé neutra, necessaria per portare una sorta di pace nel quadro di un “tragico e ineliminabile conflitto”. Ma la tecnica giuridica va riempita e indirizzata politicamente. “Kelsen cerca di offrire delle soluzioni realistiche” – spiega Dogliani – “Considerando che nella sua analisi la vera democrazia è solo quella nella quale tutti decidono tutto all’unanimità, e poiché ciò è irrealizzabile, le varianti concrete che vengono attuate sono, per lui, degli accomodamenti necessari.
Ermanno Forte, Master in Giornalismo di Torino
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