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Risorgimento: la lettura di Fisichella

“Il miracolo del Risorgimento”. Così Domenico Fisichella chiama il processo che ha portato all’Italia unita. Un cammino concluso a metà Ottocento dalla dinastia sabauda, l’unica in quel momento storico in grado di proporsi come attore credibile ed efficace. Per spiegare le sue conclusioni, il professore di Dottrina dello Stato ed ex ministro e senatore, parte da lontano. Da quel Medioevo che unì popoli latini a popoli germanici, creando un misto di lingua, usanze, consuetudini e diritto.

Secondo Fisichella gli altri paesi europei come la Francia, l’Inghilterra e la Spagna, costruirono l’unità politico-territoriale secoli prima dell’Italia, grazie a dinastie che si imposero con metodi feudali. In Italia invece il processo di unificazione dovette fare i conti con l’idea di Nazione propagandata dalla Rivoluzione francese. A questo principio di nazionalità, dopo la sconfitta di Napoleone, le potenze della Restaurazione aggiunsero nel 1814 altri due concetti imprescindibili: l’equilibrio tra le potenze e la legittimità dinastica.

Questi limiti furono determinanti nei fatti Italiani, e fecero fallire molti disegni unitari di inizio Ottocento. Infatti la soluzione rivoluzionaria era osteggiata dal principio legittimista; L’opzione repubblicana non si addiceva alla realtà italiana, dove le uniche repubbliche esistite fino al termine del Settecento altro non erano che oligarchie, in contrasto col principio democratico professato da Mazzini. Infine la proposta federale non era fattibile, perché gli unici due tentativi progettati (quello dell’Austria nel 1814 e quello della Francia di Napoleone III nel 1858) avrebbero consegnato l’egemonia a potenze straniere.

Di fronte a questa situazione, l’unico Stato che poteva proporsi alla guida dell’unificazione era il Regno di Sardegna, e questo per due motivi. I Savoia erano l’unica dinastia italiana che governava da secoli con un certo consenso da parte del suo popolo. Inoltre erano la monarchia italiana che vantava la maggiore legittimità, perché, come ebbe sottolineare il filosofo Croce, citato da Fisichella, i Savoia erano “la più antica dinastia sovrana che rimanesse in Europa”.

Grazie anche allo Statuto Albertino del 1848, che garantiva i principi di libertà e nazionalità, il Piemonte coagulò attorno a sé le speranze dei patrioti italiani, e, secondo Fisichella, portò al compimento dell’unica soluzione davvero realizzabile di unità nazionale italiana. Per fare questo i Savoia dovettero sconfiggere tutte le tendenze che si opponevano all’unificazione, come il particolarismo, il localismo, il municipalismo, l’oligarchismo. Tendenze che, secondo Fisichella, sono ritornate alla ribalta nell’Italia di oggi con i tentativi di riforma federalista. Un’opzione che, secondo il professore, indebolirebbe le basi dell’unità nazionale del nostro Paese.

Francesco Riccardini, Master in giornalismo di Torino

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