“La cultura politica conservatrice” secondo Galli della Loggia
“Come si può essere conservatori dopo una rivoluzione?”. Ernesto Galli della Loggia poggia tutto il proprio intervento alla Biennale Democrazia su questa domanda retorica. La rivoluzione in questione è naturalmente quella dei moti risorgimentali che hanno portato al concepimento nel 1861 dell’Italia Unita. Da Palazzo Madama l’opinionista del ‘Corriere della Sera’ segna così i punti fondamentali che hanno determinato l’assenza di una cultura conservatrice nel nostro Paese.
“Uno dei grandi mali della vicenda storica italiana è rappresentato dalla cronica assenza di una destra liberale, capace di dar vita ad un progetto ad ampio raggio – sostiene Galli della Loggia ”. Un vuoto che non è stato mai più colmato ma che ha semmai prodotto, insieme ad una generale “ambiguità realizzativa dello Stato italiano”, una pervadente politicizzazione della società con relativo discredito delle istituzioni nate sotto l’auspicio unitario.
“Le istituzioni dello Stato italiano non avevano nulla di autoctono. Lo Statuto era stato ricalcato da quello belga, l’Amministrazione era stata ripresa dalla Francia, il sistema universitario dalla Germania. Quindi non ci si è potuti rifare a nessun materiale storico”.
Dunque lo Stato italiano nasce all’insegna di una forte politicità, propria di un concepimento rivoluzionario. La Destra storica d’altro canto, ha bisogno sin da subito di imporre metodi che “possono essere definiti (appunto) rivoluzionari” per portare a compimento il processo di costruzione del Paese. Una nazione che oltretutto fin dai suoi primi respiri segna un intreccio a volte pericoloso tra destra e sinistra. Un conflitto che solo in due occasioni traccia dei punti di incontro (durante l’interventismo della Prima Guerra Mondiale e la Resistenza nel Secondo conflitto bellico).
Nel ‘900 infine, il tentativo di cancellare la frattura popolo-Stato e la decisa volontà di condurre l’Italia sulla via della modernità, non sono riusciti a incerottare la ferita risorgimentale. “Il Risorgimento è riuscito a formare lo Stato, ma non le istituzioni. La politica ha così assunto il ruolo supremo ma essendo separata proprio dalle istituzioni diviene costantemente terreno di caccia da parte di chi incomincia ad avere interessi privati e particolari – conclude Galli della Loggia –“.
Riccardo Di Grigoli, Master in giornalismo Torino
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